Yasumasa Morimura

Osaka (Giappone), 1951
L’arte del travestimento è la chiave attraverso cui Yasumasa Morimura rilegge la cultura, i miti e la storia del XX secolo. Ciò che spinge l’artista a reinterpretare in prima persona le opere di grandi pittori quali Leonardo da Vinci, Van Gogh, Rembrandt, Frida Kahlo, o a calarsi nei panni femminili delle attrici del secolo passato – da Marilyn Monroe a Brigitte Bardot, da Rita Hayworth a Ingrid Bergman – non è la necessità di inscenare parodie irriverenti e dissacranti di queste icone, quanto l’esigenza di osservare dall’interno i miti occidentali che, dal dopoguerra, tanto peso hanno avuto nel ridefinire i costumi, i gusti e la cultura del suo Paese. In A Requiem: Laugh at the Dictator, Morimura decide di affrontare la figura di Adolf Hitler attraverso la caratterizzazione che Charlie Chaplin ne fece in Il grande dittatore (1940). Vediamo Morimura/Hitler/Chaplin nel suo studio intento a danzare con un mappamondo e pronunciare infervorato il suo discorso: una rielaborazione di quello che Chaplin recita alla fine del film e che esorta alla liberazione dell’uomo da ogni forma di sfruttamento nella speranza di un mondo migliore. “Non voglio essere un dittatore”, dichiara all’inizio Hitler/Morimura, ma a differenza di Chaplin prosegue interrogandosi su quali possano essere oggi le forme di dittatura, e ammonisce: “Uno Stato, non un solo individuo, può diventare un dittatore” e possono esserlo certe corporation, certe tecnologie, certe mode. Non solo: chiunque debba il suo benessere, anche in modo indiretto, alle sofferenze di altri, può essere definito dittatore.
(tratto da: Fondazione Fotografia Modena)

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