Nobuyoshi Araki

Tokyo (Giappone), 1940
La macchina fotografica è per Araki un’estensione del corpo, un organo vitale attraverso il quale egli entra in contatto con il mondo e stabilisce relazioni con le persone, attraverso cui sente ed esprime emozioni, vive i momenti di gioia e metabolizza i dolori della vita. Tokyo e le sue notti a luci rosse, il viaggio di nozze con la moglie Yoko Aoki e la sua prematura scomparsa, gli incontri con amici, colleghi, musicisti, registi, i viaggi per il mondo o semplicemente i pomeriggi trascorsi a casa, sulla terrazza in compagnia del gatto e sempre, immancabilmente, le donne, l’eros, l’amore: tutto questo vive nelle immagini di Araki in modo tanto intenso e diretto da cancellare ogni sospetto di ipocrisia o di sensazionalismo. Anche nelle immagini più estreme dei “Bondages”, la serie di nudi che, riprendendo una tradizione molto radicata in Giappone, ritraggono donne legate, appese, imbavagliate, non vi è voyeurismo morboso, ma l’intenzione di condurre un gioco, cui partecipano consapevolmente anche le modelle, che esplori i confini tra bene e male, tra piacere e dolore, tra fragilità e forza. Lo stretto legame tra vita e morte, l’eterna battaglia tra Eros e Thanatos ricorrono nel ciclo di opere “Flowers”. Dalie, camelie, orchidee e fiori di ogni specie sono colti nel momento di massimo splendore, un attimo prima di appassire, come a ricordare che dolore e sofferenza sono parte integrante della vita, quanto la bellezza, l’eros e l’amore.
(tratto da: Fondazione Fotografia Modena)

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