Venezia, 1962
La ricerca di Luca Campigotto si snoda lungo due filoni: la fotografia dei luoghi della Storia e quella delle metropoli. Oggetto di interesse fin dai suoi studi, il viaggio, vissuto come necessità primaria di esperienza del mondo, diviene trait d’union dei due temi. Sulla scia dei mercanti veneziani del Cinquecento e dei fotografi-viaggiatori ottocenteschi, Campigotto intraprende i suoi viaggi con uno sguardo carico di suggestioni cinematografiche e letterarie alla ricerca della forza evocativa di luoghi capaci di attivare l’immaginazione e proiettare in epoche e atmosfere lontane. In un mondo dove non vi è più nulla da scoprire, perché tutto è già stato raggiunto, guardato, fotografato, il viaggio assume il senso di una fuga nell’immaginario. Per questo, anche quando Campigotto ritrae i luoghi più fotografati della terra – come le Piramidi egizie, Venezia, il grande fronte di ghiaccio del Perito Moreno (Argentina, 2000), o le statue dei mohai dell’Isola di Pasqua (Cile, 2000) – le sue fotografie escono dal cliché visivo per divenire capitoli di un romanzo fantastico. Di Angkor (Cambogia, 2006) il fotografo racconta: “improvvisamente sono entrato in un’avventura. Vagavo da solo tra i templi diroccati nella giungla, e mi sembrava di essere uno dei primi fotografi dell’Ottocento che viaggiavano associati alle grandi esplorazioni. E’ divertente poterlo fare in un luogo dove ogni giorno si riversano migliaia di turisti …”. Da Ait Benhaddu (Marocco, 1995) a Calcutta (India, 2007), da Sanaa (Yemen, 2006) a Yzad (Iran, 2009) fino ai ghiacci della Lapponia (2003), lo sguardo di Campigotto si posa su luoghi carichi di Storia e teatro di infinite storie: quelle che vi hanno avuto luogo nei secoli e quelle che possono ancora cominciare, grazie anche al potere della fotografia di far viaggiare attraverso l’immaginazione.
(tratto da: Fondazione Fotografia Modena)